Torna di moda la “novità flat tax”, ma molte, troppe, sono quelle già vigenti

– § – TORNA DI MODA LA “NOVITA’ FLAT TAX”, MA GIA’ MOLTE, TROPPE, SONO QUELLE VIGENTI – § –

Il dibattito politico si riaccende e tra i temi caldi spunta (nuovamente) la flat tax. Le elezioni anticipate sono l’occasione

Il primo intervento sulla flat tax, dal titolo “Flat Tax: a me non piace e dico anche che…“ lo feci il 7 settembre 2018, al quale seguirono altri due interventi il 7 gennaio 2019, dal titolo “La #FlatTax è #controgliitaliani“, e il 2 febbraio 2019, dal titolo “#FlatTax, #evasione e #povertà: adesso tutti ne parlano“.

Credo che il parere sia chiaro e, spero, per chi leggerà i tre interventi preliminarmente utili al presente, le motivazioni risultino ben articolate.
C’è un aspetto, però, che non viene preso in dovuta considerazione ed è la invadente presenza di moltissime “flat tax”, talvolta denominabili “imposte sostitutive”, presenti nel sistema tributario italiano e che, occorre dire, fanno molto, ma molto, ma molto comodo ai redditi più alti, siano esse persone fisiche, che giuridiche.

In estrema sintesi, la “Flat Tax” è una proposta di riforma del sistema fiscale finalizzata a ridurre le attuali aliquote Irpef ad una sola aliquota valida per tutti i contribuenti. La progressività dell’imposta sarebbe garantita dal riconoscimento di detrazioni per i redditi più bassi. Secondo i sostenitori di questo modello fiscale, porterebbe ad una maggiore equità, all’emersione dell’evasione fiscale e, persino, ad un aumento complessivo del gettito per lo Stato.

Storicamente (e politicamente), la “Flat Tax” fu riportata agli onori della cronaca prima dalla proposta di riforma fiscale del professor Nicola Rossi e dell’”Istituto Bruno Leoni” (con aliquota unica del 25%), nel tempo è entrata nei programmi elettorali di molti partiti con proposte di aliquote varie (23%, 15%…), poi proposta con variabili (“Dual Tax”, due aliquote fisse pari, rispettivamente, al 15% per i redditi fino ad 80.000 euro ed al 20% per i redditi superiori ad 80.000 euro) e oggi ripresa in occasione delle prossime elezioni e riportata al centro dei dibattiti politici. In ogni caso, quello della “Flat Tax” è un sistema fiscale teorizzato più di mezzo secolo fa da Milton Friedman, 1956.

Detto questo, ciò che non trova idoneo approfondimento e dovuta riflessione è la numerosa presenza di molte “flat tax” nel nostro sistema tributario. Questo dovrebbe far riflettere in merito ad una più approfondita analisi per interventi di riforma più equi e attenti (soprattutto) ai redditi medio bassi.
La “flat tax” o le “imposte sostitutive” sono specifiche forme di tassazione, a carattere “forfettario” e ad aliquota unica prestabilita, che si applicano a specifici redditi prodotti da persone fisiche o da persone giuridiche e, tali redditi, non si sommano ad altre tipologie di redditi così che, per le persone fisiche, non sono assoggettabili al principio di “progressività”.

Gli esempi più noti sono:

  • la cedolare secca per gli introiti da locazioni di immobili incassati (a determinate condizioni) dalle persone fisiche e che trovano l’applicazione di una percentuale del 10% o del 21%;
  • i regimi contabili agevolativi. Il più famoso e utilizzato è il regime forfettario, concesso fino ad un massimo di fatturato di Euro 65mila e dal quale è sottratta una percentuale a forfait a titolo di costi. Sull’importo corrispondente, trova applicazione di una imposta sostitutiva del 5% per i primi tre anni, del 15% dal quarto anno;
  • la stessa Ires per le società di capitali può essere considerata una “flat tax” considerando che il reddito fiscale di tali società (esempio, la classica SRL non in regime di trasparenza fiscale) è sempre tassato al 24% indipendentemente dall’importo del reddito fiscale senza alcuna progressività;
  • la tassazione sui dividendi distribuiti dalle stesse società di capitali e che oggi sono tassati con un ritenuta a titolo di imposta al 26% (quindi, non sommata ad altri redditi);
  • la tassazione agevolata a favore di coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia con imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero pagando un’imposta forfettaria di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta: la c.d. “agevolazione sportivi”;
  • le imposte sostitutive sugli investimenti finanziari;
  • la tassazione agevolata per il c.d. “rientro dei cervelli” e “lavoratori rimpatriati”,

e tante altre situazioni che ampliano e aumentano il dedalo di tali forme di tassazione.

Occorre dire che non tutte queste forme di tassazione sono “obbligatorie”, talune sono applicate per disposizione normativa, ma altre necessitano di opzioni e specifiche scelte.

Giusto per avere un “semplicissimo” e sintetico esempio, le imposte sostitutive possono essere osservate a questa pagina dell’Agenzia delle Entrate (e non vi impressionate dal numero e dal lungo elenco che leggerete).

A conclusione una cosa mi preme dire: a parte la forma di imposizione sul regime contabile forfettario, la maggior parte di queste forme di tassazione non sono disponibili per il “cittadino medio”, posso azzardare a dire per il “cittadino ricco” ed ecco perché torno a ribadire che un fisco più attento al sociale, come riportato nell’intervento “Flat Tax: a me non piace e dico anche che…“, magari con previsione di una “no tax area” sarebbe l’ideale per rigenerare un equilibrio fiscale ormai perso da decenni.

Diversamente, a mio parere, cercare queste forme di tassazione è l’alzare la bandiera bianca dello Stato in termini di controlli, verifiche e accertamenti, a mio parere.

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