Gioia maligna: avere piacere delle disgrazie altrui (e anche procurarle)

– § – GIOA MALIGNA: AVERE PIACERE DELLE DISGRAZIE ALTRUI (E PROCURARLE) – § –

E’ definita schadenfreude, termine tedesco che significa “piacere provocato dalla sofferenza (altrui)” o più comunemente descritto con “gioia maligna”, “soddisfazione cinica”. Il termine indica il piacere che una persona trae dagli eventi negativi capitati ad altri (inclusa l’attività di procurarli). La schadenfreude è stata particolarmente studiata anche nelle amicizie tra donne

Questo termine tedesco è composto da due parole che insieme significano “gioia per il danno” (danno=schaden e gioia=freude).

In psicologia è stato osservato un meccanismo in perfetta antitesi con l’empatia e se questa porta a gioire per i successi altrui e provare un dispiacere empatico per le disgrazie altrui, la “gioia maligna” innesca un senso di soddisfazione nell’osservare i fallimenti o le disgrazie o, nella variante che sarà citata successivamente, per la popolarmente e impropriamente denominata “sfortuna”, la “malasorte, degli altri. Un vero e proprio gusto, una contentezza, un compiacimento malevolo per il danno fisico, materiale o morale che gli altri stanno patendo o subendo. E’ spiegabile tutto questo? Si.

Per quanto concerne schadenfreude, si tratta di un’emozione complessa e i ricercatori hanno evidenziato che ci sono tre forze trainanti dietro la “gioia maligna”: l’aggressività, la competizione (e invidia) e la giustizia sociale.

L’autostima ha senza dubbio una correlazione negativa con la frequenza e l’intensità della gioia maligna e ciò significa che chi ha una buona stima di sé non gode delle disgrazie altrui. Al contrario, le persone con una bassa autostima tendono a sperimentare la gioia maligna con una maggiore frequenze e intensità emotiva.

La gioia maligna è considerata un momentaneo black-out della coscienza morale (legata alla consapevolezza di aspetti etici-umani) e nel panorama scientifico si parla di “Disturbo da deficit di compassione” (o “Deficit da empatia”), termine generalmente usato per descrivere i bambini che mancano di empatia e attuano comportamenti di bullismo. Tra adulti avviene qualcosa di molto simile e al riguardo consiglio la lettura di “Bullismo…”. In sostanza siamo in presenza di una desensibilizzazione alle problematiche altrui, manca completamente la compassione fino a trasformare l’insuccesso dell’altro in soddisfazione propria. Infatti, la gioia maligna e il deficit di compassione sono due tematiche riconducibili al fenomeno degli haters.

Ciò porta a inserire altri due concetti:

  1. il concetto di aticofilia che corrisponde alla “gioia per la sfortuna dell’altro”;
  2. il concetto di sadismo che è lecito considerare come il gioire nel procurare dolore all’altro.

Il primo concetto è ritenuto concetto rientrante nella schadenfreude, seppur abbia sfumature diverse. Infatti, in ambedue i casi non si è autori (in genere, ripeto, in genere) della sofferenza dell’altro, ma solo spettatori amabilmente compiaciuti dallo spettacolo. Sia per l’aticofilia, sia per la schadenfreude è possibile affermare di essere inesorabilmente nell’ordine della questione morale ed etica, una questione valoriale che investe non solo l’altro ma anche – e forse soprattutto – se stessi.
Il secondo concetto vede i protagonisti e gli autori della sofferenza altrui in piena coscienza e consapevolezza al punto da richiedere la “restituzione” del male nella trasformazione di masochista, tanto da rientrare nel campo della psicopatologia da considerare una (quasi) (in)volontaria predisposizione mentale.

Escludendo la parte più “grave”, il sadismo, per il resto occorre dire che la condizione primaria presente in chi gode della sofferenza altrui è l’insoddisfazione di sé e l’incapacità di guardarsi dentro, di provare valori tipo empatia o gratuità o reciprocità. Temi con sbocco clinico, certo, ma ancora nell’ordine della morale. Infatti, nessuno può essere punito o curato per queste sensazioni, ma può solamente e al massimo essere oggetto di valutazione, di disapprovazione e di critica sociale.

Il deficit di empatia è una caratteristica saliente del “disturbo narcisistico di personalità”. Infatti, nel narcisismo è riscontrabile, sia gioia maligna, sia tratti sadici. Il narcisista non solo gioisce nel vedere l’altro andare in disgrazia, ma è anche infastidito dal successo altrui. Quando gli altri stanno bene, sono felici e questo ricorda al narcisista quel grosso senso di inappagamento che porta dentro. E’ per questo che sente il bisogno di ferire e sminuire gli altri e può attivamente, fattivamente provare a fare del male o a danneggiare il prossimo. Spesso è proprio l’abuso psicologico a trasformarsi in arma per confermare la propria grandezza. Si tratta di un male causato agli altri e che costituisce un nutrimento per il narcisista, tanto da poterlo considerate una forma di sadismo.

Ci sono ragioni particolari per cui si manifesta questo certo benessere interiore, considerato “normale” (finché non vi è alcuna partecipazione diretta al concretizzarsi del danno), ma che certamente deve la sua manifestazione per una propria condizione di sofferenza.

Sollievo
Le disgrazie altrui arrecano sollievo, perché se il danno accade ad altri, significa che non accade a noi e anche se succede qualcosa ad uno sconosciuto si manifesta un pensiero positivo considerando che sarebbe potuto accadere a noi, tanto che, in alcuni casi con minori conseguenze, può determinare una risata considerandolo divertente.

Invidia
L’invidia, soprattutto nelle persone che lo sono per natura, è una delle basi, dei fondamenti, delle consolidate di questo fenomeno. Il fatto che qualcuno non disponga di una qualcosa, di una cosa, di una risorsa di cui si ritiene di avere bisogno (anche non strettamente necessario) o desiderio e che quando la chiede a qualcun altro – che ce l’ha o che si pensa che ce l’abbia – la sua richiesta venga rifiutata, può generare sufficiente motivo di soddisfazione, far stare bene l’invidioso. Un po’ come “Io non ce l’ho, ma nemmeno tu”.

Bassa autostima
Anche la scarsa autostima è uno dei principali ingredienti di una possibile comparsa di schadenfreude. Sono molte le ricerche che sostengono che le disgrazie altrui possono aumentare la fiducia in sé stessi, anche se può esserci un effetto generatore di ulteriore sfiducia nel caso in cui ci si accorga che anche gli altri sono altrettanto “sfortunati”. In pratica, può contribuire ulteriormente alla bassa autostima verificare una frequenza della propria situazione, anche se per un momento è avvertito un certo sollievo per non sentirsi da soli nella propria disgrazia/situazione.

Vendetta
Sempre presente è la vendetta. Quando qualcuno si ritiene ci abbia ferito (indipendentemente se sia vero), se a tale soggetto accade qualcosa di negativo si manifesta la sensazione di “benessere” apprendendo che lo stesso soggetto abbia ricevuto la sua giusta “punizione”, quasi come se si trattasse di giustizia divina. Ciò può verificarsi in diversi contesti, tra amici, colleghi e persino familiari che hanno avuto qualche screzio, ma anche in situazioni più traumatiche e persino criminali.

Schadenfreude nelle amicizie femminili
Spesso le amicizie tra donne, sebbene presentino intimità, condivisione emotiva e vicinanza (Vigil, 2007), sono caratterizzate da manipolazioni come l’aggressione relazionale, la reputazione sprezzante, l’ostracismo e la ridicolizzazione (McAndrew, 2014). Le relazioni amicali tra donne possono quindi essere un contesto in cui la schadenfreude è sperimentata con livelli più elevati di machiavellismo, invidia e competizione”.
Suggerisco di completare la lettura a questo articolo dal titolo “Cosa può nascondersi dietro ad intimità, condivisione emotiva e vicinanza: la Schadenfreude nell’amicizia tra donne

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